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provaMotta di Livenza è, sul finire del ventesimo secolo, una comunità viva e vitale, con le stesse inconfondibili caratteristiche che l'hanno sempre contraddistinta nel corso della sua storia bimillenaria. Il suo territorio è appartenuto, in passato, a due diverse aree istituzionali, divise fra loro dalla Livenza. Sulla destra del fiume vivevano "ab antiquo", i Veneti primi o Paleoveneti, amalgamatisi poi, a partire dal I secolo a.C. ai Romani, che qui governarono per lungo tempo, centuriando il territorio mottense attorno al 48 a.C. . Sulla sinistra del fiume Livenza si trovava il territorio dei Celti, la cui capitale sorgeva non lontano da Aquileia, colonia fondata dai Romani nel 181 a.C. Questi ultimi conquistarono e centuriarono il territorio in sinistra Livenza verso il 42 a.C. e la gente che lo popolerà sarà figlia della coesistenza fra Celti e Romani. Per il territorio mottense passava, fin dall'antichità, una pista preistorica che i Romani lastricarono attorno al 148 a.C. e chiamarono Via Postumia, costruendo un ponte sul fiume Livenza. A ridosso del ponte, in destra del fiume, sorse allora un villaggio, primo agglomerato urbano del territorio mottense che, dopo l'Editto di Costantino del 313, prenderà il nome di colui che i cristiani s'erano scelti come patrono, S. Giovanni Battista. Mentre questa frazione di Motta di Livenza si fa risalire al tempo della costruzione della strada romana Postumia, Lorenzaga, sulla sinistra del fiume si costituisce pochi decenni prima della nascita di Cristo, all'epoca della centurazione concordiese. Dunque, ancor prima dell'era Cristiana, convivevano nel territorio mottense realtà etniche, culturali ed istituzionali fra loro diverse: i Romano-veneti ed il Celto-Romani ed è verosimile che il ponte sulla Livenza fosse fin d'allora luogo di incontri e di scambi, origine di quel mercato che ancor oggi si tiene bisettimanalmente a Motta di Livenza. Vi è già, in quei tempi antichissimi, una ricerca di identità e di autonomia nei riguardi degli altri abitanti dei due agri interessati ed in particolare delle rispettive città capoluogo, Opitergium e Concordia, quasi rivendicando quella diversità che consentirà ai mottensi di ricoprire nel corso dei secoli un proprio ruolo specifico, finalizzato a raccordare ed unire la comunità in destra e sinistra Livenza e poi, dal 1291, la stessa comunità mottense con Venezia. Con il progressivo venir meno dell'Impero Romano il territorio fu lasciato per alcuni secoli in balia di se stesso, venendo infine conquistato dai Longobardi nel 569, mentre una ridotta parte in destra Livenza resterà ai Bizantini ancora per un secolo. Furono proprio i Longobardi ad unificare per la prima volta nel 664 il territorio mottense, che fu nuovamente diviso con la loro caduta nel 774. Il territorio in destra Livenza passò ai Franchi, ai Vescovi-conti di Ceneda e, poco dopo il Mille, ai Da Camino. Quello in sinistra del fiume passò ai Patriarchi di Aquileia, diventando, con Lorenzaga, uno dei capisaldi di confine della Patria del Friuli. E proprio a Lorenzaga il 20 gennaio 1204, sotto il portico della chiesa, si riunirono Pellegrino II, Patriarca di Aquileia, Matteo, Vescovo di Ceneda, Volcheiro, Vescovo di Concordia, il Vescovo di Belluno, l'Abate di Sesto ed i Procuratori del Comune di Treviso per sancire la pace tra il Patriarcato di Aquileia ed il Comune di Treviso ed i loro rispettivi alleati. Questa pace, che è considerata il vero atto di nascita della Marca Trevigiana, viene non a caso stipulata in territorio mottense, considerato da trevigiani e friulani luogo antico di entrambe le realtà. Motta, in quel epoca, apparteneva ai Da Camino, ma il 6 luglio 1291 passerà a Venezia, primo territorio di terraferma a darsi liberamente e spontaneamente alla città dei Dogi, meritandosi così il titolo di "figlia primogenita della Repubblica" e, con Venezia, resterà, in piena fedeltà, fino al 1797. Il territorio in sinistra Livenza, di pertinenza, allora, del libero Comune di Lorenzaga, il cui Signore (un da Lorenzaga) aveva seggio proprio nel Parlamento della Patria del Friuli, conservò la propria autonomia entro il territorio patriarcale fino al 1420, allorquando fu conquistato dagli eserciti veneziani. Il 16 febbraio 1485, poi, il Consiglio della Magnifica Comunità della Motta deliberò che gli abitanti di Lorenzaga e di Riva Livenza fossero da allora soggetti alla giurisdizione mottense e, dopo l'approvazione doganale, si ebbe finalmente l'unità piena e totale del territorio mottense. Sotto il profilo dell'amministrazione ecclesiastica, tuttavia, Motta e Lorenzaga continuarono a restare divise. Motta infatti, come le altre località tra la Livenza e il Piave, continuò ad appartenere alla diocesi di Ceneda (Vittorio Veneto), Lorenzaga, Riva di Livenza e le altre località tra Livenza e Tagliamento restarono, come sono tutt'oggi, nella diocesi di Concordia- Pordenone. L'unificazione civile e politica del 1485 fu comunque un fatto importantissimo per la città, venendo ad arricchire la comunità mottense degli apporti culturali e delle tradizioni consolidatesi in un territorio che aveva assommato in sé diverse realtà istituzionali, consentendo di dar inizio ad un nuovo ed esaltante periodo storico. Sul finire del XV secolo Motta dovette poi subire lo stato di guerra dovuto all'avanzare degli eserciti turchi che giunsero quasi alla Livenza, risultando ancora una volta prezioso avamposto difensivo di Venezia e dell'intera Marca Trevigiana. Un decennio dopo la storia si ripeté. In questa occasione Motta si trovò ad affrontare gli eserciti della Lega dei Cambrai e tale fu allora l'eroismo dei cittadini e la totale fedeltà a Venezia che, terminata la cruentissima guerra (1509-1511), la città fu proclamata "figlia prediletta della Repubblica". Proprio durante questa guerra, il 9 marzo 1510, la Madonna apparve al mottense Giovanni Cigana ed il fatto fu di tale straordinarietà che ancor oggi viene celebrato con gran concorso di popolo proveniente anche da località molto lontane. Attualmente, nello stesso giorno, la città di Motta di Livenza assolve in forma pubblica ed ufficiale il voto deliberato dal Consiglio della Magnifica Comunità nel 1632, allor quando la città rimase totalmente immune dalla terribile pestilenza di manzoniana memoria. Grazie alle accennate vicende, alla sua particolare posizione geografica, ai sui rapporti con le comunità vicine, Motta ha potuto continuare ad esercitare nel corso del tempo la sua funzione di ponte, luogo di incontro, di raccordo, e di scambio fra popolazioni, culture, tradizioni, economie, e civiltà diverse, punto di riferimento costante e sempre fidabile, pur nel mutare delle situazioni. Forse anche per questo suo ruolo del tutto particolare e caratteristico, nel 1388 il Doge di Venezia aveva elevato Motta a Podestaria, costituendola città, e la dignità e le funzioni podestariali furono sempre svolte con alto senso della "res pubblica" fino al 1797 . Durante il lungo e fruttuoso periodo veneziano fu costituita, fra il 1511 ed il 1513, sul luogo della storica apparizione, una grande Basilica, che si presenta ancor oggi ricca di opere d'arte del Sansovino, del Pordenone, di Pomponio Amalteo, di Andrea Previtali, di Bernardino d'Asola, di Palma il Giovane, di Francesco Fontebasso, di Luigi Nono e di altri. Negli stessi anni inizia pure la ricostruzione della Chiesa di S. Nicolò, considerata uno dei più belli edifici religiosi rinascimentali della terraferma veneta. Anche questa Chiesa contiene importanti opere d'arte di Pomponio Amalteo, Pietro Malombra, Giovanni Martini, Leandro Bassano, Francesco Zugno, G.B. Canal, Gianbettino Cignaroli e Gaspare Diziani autore di quattordici mirabili tondini. Sempre nel Duomo di S. Nicolò c'è il monumento sepolcrale del Cardinale Girolamo Aleandro e l'apprezzatissimo organo del Callido. Nel periodo veneziano fu ristrutturata, arricchita di affreschi ed altari lignei l'antica pieve matrice di S. Giovanni Battista ed edificate le Chiese di S. Silvestro a Lorenzaga e S. Agostino a Villanova. Caduta Venezia il 17 maggio 1797, inizia per Motta un intensissimo periodo della sua storia. Lo stesso 17 maggio fu istituita la "Municipalità della Motta" che dovette subito assistere alla spoliazione dei tesori delle chiese, operata dai nuovi invasori francesi. Subito dopo la città viene posta a capo di un "Cantone", ma il 17 ottobre dello stesso anno, dopo la firma del trattato di Campoformio, viene ceduta agli austriaci, i cui eserciti entrano a Motta il 16 gennaio successivo. Dopo una nuova guerra ed un nuovo armistizio fra Napoleone e l'Austria, il 16 gennaio 1801 tutto il territorio fra Livenza e Tagliamento, compreso quindi Lorenzaga, viene dichiarato neutro, mentre Motta torna ai Francesi ed in questo momento storico Motta estende la sua giurisdizione fino a Caorle. Pochi mesi dopo, firmata la pace, Motta viene ridata all'Austria, per ritornare alla Francia nel 1805. Nel 1806 viene elevata a capo Cantone e posta a capo di 14 Comuni tutti in destra Livenza, mentre Lorenzaga viene aggregata al cantone di Portogruaro. Fu per l'intervento d'uno dei suoi figli più illustri, Antonio Scarpa, che il 7 maggio 1808 Lorenzaga poté ricongiungersi a Motta, portando con sé anche Meduna. Con la prima caduta di Napoleone, nel novembre 1813, Motta ritorna sotto l'Austria, entrando a far parte, due anni dopo, a seguito del Congresso di Vienna, del regno Lombardoveneto. Dopo tutte queste traversie ed i continui passaggi dalla Francia all'Austria, cresce nei mottensi uno spirito di indipendenza, che si manifesterà ampiamente a partire dal 1848. Con lo scoppio della Prima Guerra di Indipendenza, Motta, sotto la guida del primo parroco, l'abate Giampietro De Domini, arciprete dal 1841, uomo, come ha scritto Lepido Rocco, "zelantissimo, chiaro letterato e patriota eminente", partecipa attivamente a tutte le azioni risorgimentali con moltissimi suoi cittadini i cui nomi restano a perenne esempio di impegno civile e di amor di Patria. Fra i tantissimi meritano una particolare menzione l'ing. Giuseppe Lippi, luogotenente di Garibaldi nell'impresa dei Mille e Carlo della Frattina, l'ultima vittima delle guerre per l'indipendenza d'Italia, caduto a Bezzeca il 21 luglio 1866 . Dopo l'unità d'Italia, ben due guerre colpirono brutalmente la città di Motta, divenuta, con decreto del 5-1-1868 Motta di Livenza. In entrambi i conflitti la città fu fatta oggetto di terribili bombardamenti e gran parte del suo centro storico fu abbattuto. Gravissimo fu anche il tributo di sangue pagato dai suoi figli e le lapidi affisse in diverse parti del territorio comunale ed i monumenti innalzati sono ancor oggi testimoni del grande tributo che Motta di Livenza dovette pagare nelle due tragiche circostanze. Nella seconda guerra mondiale, poi, dopo l'8 settembre, la città è stata glorioso centro di lotta per la libertà e l'indipendenza d'Italia, meritandosi, per l'eroica resistenza allo straniero, per la decisa lotta alla dittatura, per il sacrificio di sangue di molti suoi figli, il titolo di "città martire della resistenza", ricevendo dallo Stato la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, che decora il Gonfalone Comunale, già insignito della Croce al merito di Guerra del 1918 . Meritano infine d'essere ricordati i Partigiani caduti, che, in ideale di continuità con gli eroi del Risorgimento, hanno permesso a Motta di Livenza di entrare nella Repubblica con l'orgoglio di chi, con coerente impegno, ha combattuto fino in fondo le giuste lotte per la libertà, l'indipendenza e la democrazia. L'attuale Ospedale di Motta di Livenza sorge in periodo napoleonico ad opera di Padre Vincenzo Antonio Volpi. Costui, originario di S. Vito al Tagliamento e domiciliato a Motta di Livenza, acquista il 18 luglio 1832 una parte del soppresso convento della Madonna dei Miracoli perché sia "costruito ospitale per i poveri di Motta". I minori osservanti ebbero la prima responsabilità nella gestione dell'Ospedale fino al 1866. Nel 1869 esso passò alla congregazione di carità e nel 1880 ottenne personalità giuridica. Negli anni successivi esso fu più volte ingrandito ed i nuovi reparti furono tutti costruiti sull'area del convento francescano. Esso rimase in gestione autonoma, con Consiglio di Amministrazione eletto dal Comune di Motta di Livenza fino all'avvento delle U.L.S.S. . Nel corso della sua storia numerosi figli di questa città hanno onorato, con la vita e le opere, la terra natale. Fra questi meritano di essere ricordati: - Pichignotto della Motta (sec. XIII), rappresentante ed ambasciatore della famiglia Da Camino, concluse nel 1291 con il doge di Venezia il passaggio del Castello della Motta alla Repubblica di San Marco. - Girolamo Aleandro (1480 - 1542), rettore dell'Università di Parigi, Cardinale, nunzio apostolico in Germania, prefetto della Biblioteca Vaticana e preparatore del Concilio di Trento. - Bartolomeo Meduna (sec. XVI), francescano, autore di numerose opere apologetiche educative e morali fra cui "Lo scolaro", uno dei più innovativi testi pedagogici dell'epoca. - Pomponio Amalteo (1505 - 1588) uno dei più insigni pittori rinascimentali dell'area veneto-friulana. - Giovanni Maria Bottoglia (1703 - 1776), medico condotto di Motta, consigliere comunale, scrisse un repertorio di tutte le principali delibere prese dalla Magnifica Comunità della Motta fra il 1468 ed il 1773, nonché uno studio dal titolo "Notizie storiche intorno alla vita del cardinale Girolamo Aleandro". Fu uno dei primi storici della Città di Motta. - Antonio Scarpa (1752 - 1832) anatomopatologo fra i più insigni, medico di Napoleone Bonaparte e professore dell'Università di Pavia. - Andrea Luca Lucchesi (1741 - 1800) musicista barocco, attivo alla corte di Bonn ed ancora oggi molto noto ed apprezzato in Germania. - Pompeo Marino Molmenti (1819 - 1894), di Villanova, pittore e scenografo, uno dei più illustri maestri dell'Accademia di Venezia. - Nicolò Boccassin (1856 - 1932), lasciò alla città ogni proprietà per la costituzione di una "Fondazione a fini benefici". - Padre Lodovico Ciganotto (1869 - 1934), uno dei grandi filosofi e teologi moderni dell'ordine francescano, scrisse numerose opere ancor oggi studiate ed un prezioso "diario" degli avvenimenti successi a Motta di Livenza al tempo dell'invasione austroungarica, dal Novembre 1917 all'Ottobre 1918. - Padre Costantino Saccardi (1882 - 1948), uno dei grandi francescani nativi di Motta di Livenza. Fu Commissario per 25 anni in Terra Santa, Custode Principale dell'Ordine, oratore profondo e stimato, morto in concetto di santità. - Padre Leonardo Bello (1882 - 1944) francescano, superiore generale dell'ordine, morto in concetto di santità. - Lepido Rocco (1858 - 1953), educatore e dirigente scolastico fondatore della scuola di arti e mestieri che oggi porta il suo nome ed autore di un voluminoso studio storico su "Motta di Livenza ed i suoi dintorni". - Corrado Gini (1884 - 1965), giureconsulto, economista e statistico di fama mondiale, ebbe incarichi rilevanti dai Governi di molti Paesi. Fu fondatore e Preside della Facoltà di Scienze Statistiche, demografiche ed attuariali dell'Università di Roma. * * * * * Consapevole della sua lunga storia, dei tanti avvenimenti che l'hanno caratterizzata, dei tanti cittadini che per le opere dell'arte e dell'ingegno l'hanno onorata, Motta di Livenza vuol continuare ad essere oggi protagonista della propria storia. Città di rapporti, da sempre, Motta di Livenza conserva questa sua caratteristica ed infatti, pur appartenendo alla provincia di Treviso, è stata inserita per lungo tempo nel Collegio Senatoriale di S. Donà di Piave, assieme al suo territorio, con tutti i Comuni del Veneto Orientale. ll presente Statuto tiene dunque conto delle caratteristiche storiche e geografiche della città che, pur riconoscendosi appieno come appartenente alla Regione del Veneto, intende continuare a svolgere il suo ruolo di collegamento con le realtà confinanti, in particolare con la contigua Provincia di Venezia e con la Regione del Friuli - Venezia Giulia, con le quali Motta di Livenza ha problemi ed interessi in comune, nel quadro della più vasta area interregionale del Nord-Est nella quale anche Motta può assolvere ad un ruolo proprio assieme ai Comuni del territorio del Livenza, che costituiscono l'ambito naturale di programmazione e presenza di Motta di Livenza. Da quanto precede nasce la fondata convinzione che la Comunità mottense, per le sue marcate e ricche specificità, non è confondibile, né assimilabile con le comunità vicine, nessuna delle quali è stata veneta e celta insieme ed ancora trevigiana (e poi veneziana) e friulana assieme, nessuna, come Motta di Livenza ha ancora i segni di civiltà e di culture fra loro diverse.
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